Si dice che il mondo sia diviso in due categorie: chi, dopo aver visto New York, se ne innamori e ci torni tutte le volte che può e gli altri. Faccio parte della seconda categoria.
Nonostante questo non posso negare che sia una città dal forte impatto emotivo.
Moderno e antico si mescolano in modi inaspettati: in mezzo ai grattacieli supermoderni di Manathan fa capolino, seppur sempre in modo imponente, la Cappella di Saint Paul e il suo gotico cimitero.
Questi scorci di storia antica si alternano ai più moderni edifici: adiacente al memorial Ground Zero, è sorto The Oculus, un centro commerciale a cura dell’archietetto Santiago Calatrava.
Sebbene la città sembra puntare verso il cielo, anche le sue viscere sono foriere di visioni stupefacenti.
Per un appassionato di cinema, la grande mela è fonte di continue citazioni.
Anche se faccio parte della seconda categoria, continuo a chiedermi cosa spinga 8 milioni di persone a voler vivere a New York. Indubbiamente qualcuno è un po’ matto.
Non sapendo come concludere, posso solo affidarmi alle parole di Woody Allen:
Capitolo primo. “Adorava New York. La idolatrava smisuratamente…” Ah no, è meglio “la mitizzava smisuratamente”, ecco. “Per lui, in qualunque stagione, questa era ancora una città che esisteva in bianco e nero e pulsava dei grandi motivi di George Gershwin…” Ah no, fammi cominciare da capo… Capitolo primo. “Era troppo romantico riguardo a Manhattan, come lo era riguardo a tutto il resto: trovava vigore nel febbrile andirivieni della folla e del traffico. Per lui New York significava belle donne, tipi in gamba che apparivano rotti a qualsiasi navigazione…” Eh no, stantio, roba stantia, di gusto… Insomma, dai, impegnati un po’ di più… da capo. Capitolo primo. “Adorava New York. Per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea: la stessa carenza di integrità individuale che porta tanta gente a cercare facili strade stava rapidamente trasformando la città dei suoi sogni in…” Non sarà troppo predicatorio? Insomma, guardiamoci in faccia: io questo libro lo devo vendere. Capitolo primo. “Adorava New York, anche se per lui era una metafora della decadenza della cultura contemporanea. Com’era difficile esistere, in una società desensibilizzata dalla droga, dalla musica a tutto volume, televisione, crimine, immondizia…” Troppo arrabbiato. Non voglio essere arrabbiato. Capitolo primo. “Era duro e romantico come la città che amava. Dietro i suoi occhiali dalla montatura nera, acquattata ma pronta al balzo, la potenza sessuale di una tigre…” No, aspetta, ci sono: “New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata.“